Sono come le ciliegie: una tira
l’altra. Cominci a guardare la prima puntata di una serie tv e in men che non
si dica ti ritrovi alla 5° stagione dopo cinque giorni…”l’ultima e poi vado a
dormire. Giuro!”
O almeno questo è quello che succede quando una serie tv è
davvero ben fatta.
Ora, considerando il boom che stanno attraversando le serie
tv negli ultimi tempi, è inevitabile che circolino prodotti di serie “B” (…o
anche “Z”).
Eppure ogni tanto (e oso dire sempre più spesso) emerge
qualche capolavoro. Qualche stella solitaria che, a calci e spintoni, si fa
largo fra la calca e si prende i suoi meritati applausi.
È il caso di “Breaking Bed- Reazioni Collaterali”. Nata da
una fortunata idea di Vince Galligan, vincitrice fra l’altro di ben sedici Emmy
Award e due Golden Globe, osannata dalla critica. La mia sarà solo una delle
tante recensioni positive su questa serie, e tuttavia sento il bisogno di
farla.
Walter White è il protagonista. Anonimo come il suo nome, si
barcamena a fatica fra il suo lavoro di insegnante di chimica frustrato e cassiere
in un lavaggio-auto per far fronte alle ingenti spese familiari. Cosa manca in
questo quadretto? Il cancro. Un tumore ai polmoni che lo lascia con pochi mesi
di vita e la prospettiva di non lasciare un soldo a sua moglie e i suoi due
figli per poter andare avanti.
Walter ormai non ha nulla da perdere ma c’è una cosa che può
fare un chimico per guadagnare un bel po’ di soldi: la droga. Con l’aiuto di un
suo ex allievo e piccolo spacciatore, Jesse Pinkman, Walt comincia a “cucinare”
metanfetamina. Meglio ancora, la miglior metanfetamina di sempre, pura al 99% e
per questo incredibilmente richiesta.
È qui che comincia l’ascesa di Walter White, detto
Heisemberg. Un’ascesa che comporta soldi, potere e notorietà, ma che si
accompagna ad un’inevitabile discesa morale. Walt infatti non è più l’uomo
frustrato e remissivo di una volta ma quella che prima era una scelta sbagliata
ma necessaria, nella testa di Walt comincia a sembrare sempre meno sbagliata.
Perché limitarsi al minimo necessario? Perché, avendone le capacità, non
mettere su un impero?
Da Walter White, l’anonimo ometto, si trasforma in
Heisemberg, il genio della chimica conosciuto e temuto. Cosa che ovviamente non
sta bene a tutti, anzi.
La trasformazione di Walt non è data da un singolo evento
come accade magari per i tanti supereroi. È un cambiamento graduale e talmente
ben calibrato che noi spettatori non ce ne accorgiamo neanche. Come accade
nella realtà.
L’eroe di questa serie tv semplicemente non è un eroe. Però è
indubbiamente umano. Fa delle scelte, molte delle quali sbagliate, come tutti
noi. Non sempre suscita simpatia o empatia: Walter non è un modello, e tuttavia
noi impariamo a conoscerlo e a capire i suoi ragionamenti, non necessariamente
condividendoli.
Lo stesso si può dire di tutti gli altri personaggi. Quello
che forse suscita più empatia è il collega di Walt, Jesse, ma anche lui, tossico
ed eterno ragazzino, non può essere considerato il personaggio positivo,
nonostante il suo cambiamento, anch’esso graduale, sia molto più positivo di
quello del compare.
Questa serie tv non ha un vero eroe ma tutti hanno i propri
pregi e difetti. Come tutti noi. D’altronde We
don’t need another hero, non abbiamo bisogno di un altro eroe, cantava Tina
Turner nella colonna sonora di Mad Max.
Walter e Jesse si redimeranno? Vincerà il bene o il male? Ma
soprattutto qual è il bene e quale il male?
Dunque le puntate di una buona serie tv sono come le ciliegie.
Anzi, sono come una droga: danno dipendenza.
In questo caso…come metanfetamina.
Michela Mori