L’attesa
cominciava giorni prima e l’ultima notte la passavo sempre insonne.
La partenza
per le vacanze estive a Leonessa era il momento più bello dell’anno.
Perché?
Perché lì era possibile fare tutto quello che la città ci vietava.
Le
passeggiate nei boschi o in bicicletta, le sfide a calcio tra residenti e
villeggianti, divisi sul campo ma amici nella vita, le uscite dopo cena,
impensabili a Roma, la possibilità d’incontrarsi senza complicati giri di
telefonate (il cellulare avrebbe fatto comodo ma non c’era…), le ore passate a
suonare la chitarra circondato da amici e conoscenti, il fresco rigenerante che
sembrava far tornare la stagione indietro di qualche mese.
Ho trascorso lì le estati più belle e
spensierate della mia vita e non le avrei cambiate con altre, per quanto belle
ed esotiche potessero essere.
Da allora, tanto è cambiato.
Sono
diverso io, passato nella schiera dei “diversamente giovani”, il numero dei
residenti è diminuito al limite dell’insostenibilità, tante persone sono scese
dalla giostra della vita.
Non sono mutati, però, né il piacere di andarci, né
la sensazione di quieto benessere che mi pervade, ogni volta, quando sono lì.
Non mi considero uno scrittore, ma un
lettore prestato alla scrittura.
Non scrivo per mestiere ma per necessità.
Il
mio mondo interiore continua ad essere in perenne fermento, a dispetto degli
impegni e delle difficoltà quotidiane.
Scrivere è la valvola che ho trovato per
non fare esplodere la pentola e la condivisione di un’emozione è la medicina migliore alle fatiche di tutti i giorni.
“La casa in montagna” è un romanzo di
fantasia ambientato nei luoghi della mia memoria e Leonessa è lì a fare da
sfondo all’incedere dei protagonisti, apparentemente in disparte, ma nella
realtà ben presente, sempre al centro della loro sfera emotiva.
Ho pensato che fossi in debito con questa
terra così cara e che questo potesse essere un piccolo contributo per
risarcirla di quanto ricevuto.
Vivo e lavoro a Roma, con la mia
famiglia, moglie, figli (tre, tutti maschi), una coniglietta (nana) e un
cucciolo (femmina anche lei) meticcio di cane.
Per i nostri tempi, una piccola
“arca”.
Roberto Pulcini
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