Hitchcock non
è americano ma è inglese. Il genere che lo contraddistingue è il thriller, è il
genere della suspense, dal quale non uscirà mai, perché tutto quello che
realizza rimane all'interno di questo genere. Abbiamo un’alta specializzazione
di cui ne diventa maestro assoluto. Hitchcock avrà una legittimazione da parte
dei registi della Nouvelle Vague, che mettevano al bando un certo modo di fare
cinema. In particolare, F. Truffaut fa una grande intervista a Hitchcock.
L’immagine
di Hitchcock è icastica, ha un’espressione beffarda, sorniona. È l’arte del
compromesso riuscito col sistema. Porta degli elementi di grande infrazione nel
cinema classico, ma allo stesso tempo si inserisce bene nella Hollywood
classica.
Hitchcock ci
racconta della differenza tra la suspense e la sorpresa. Dice: “La sorpresa è
quando, ad esempio, c’è una scena ad un ristorante, ad un certo punto scoppia
una bomba. Questa è la sorpresa. Ma io nei miei film non faccio questo. Io vi
mostro due personaggi che stanno al ristorante, che mangiano e vi mostro che
c’è una bomba sotto il loro tavolo.” Hitchcock genera tensione mettendo a
conoscenza lo spettatore.
Sempre
Hitchcock ci racconta del suo McGuffin, termine che lui stesso ha coniato. Il
McGuffin lo ritroviamo in Pulp fiction: la valigetta nera è un McGuffin, cioè
un qualcosa che per i personaggi del film ha un'importanza cruciale, attorno al
quale si crea enfasi e si svolge l'azione, ma che non possiede un vero
significato per lo spettatore. È un omaggio che Tarantino fa a Hitchcock.
Queste
strategie narrative sono adeguate alla Hollywood classica (rigorosa nel imporre
i codici), ma ce ne sono altre invece che non lo sono, pensiamo alle
sperimentazioni tecniche e visive avanguardiste dei film di Hitchcock. Ad
esempio, in Vertigo, è il sogno che
rileva elementi dell’inconscio attraverso tecniche avanguardiste. Con questo
film siamo già in un momento avanzato della carriera di questo straordinario
autore, ma già nel suo primo film, Rebecca
la prima moglie del 1940 in cui sembra entrare perfettamente negli schemi
classici di Hollywood, possiamo notare numerose infrazioni ai codici. Ad
esempio, il film è girato in flashback, il tempo del racconto è un tempo
spostato nel passato. In Hitchcock ci sono elementi contrastanti: sia
sentimento cattolico, che elementi della psicoanalisi. Nell'incipit di Rebecca la prima moglie c’è tutto un
immaginario romantico: il notturno, il cancello chiuso che fa un gioco
espressionista, la narrazione. Questo narratore esterno lo troviamo solo
all'inizio e alla fine come cornice. Rispettando la regola del
cinema classico inserisce elementi di trasgressione. In Rebecca la prima moglie, la mano di Hitchcock prende lo spettatore
e lo porta dentro il racconto attraverso due stratagemmi: la notte magica con
questa voce del narratore che diviene poi la voce del personaggio femminile del
racconto, e poi questo spostamento di prospettiva verso il mediterraneo con i
due personaggi alla scogliera. Interessante questo incipit di racconto che
somiglia ad un’altra celeberrima sequenza, di un film straordinario, quella di Quarto potere di O. Welles, in cui
definitivamente si segna il passaggio al cinema moderno.
Un altro tra
i film più famosi di Hitchcock abbiamo La
finestra sul cortile, del ’54. È un film in cui l’autore gioca molto
sottilmente con i codici linguistici del cinema. Il film è di fatto
metalinguistico, perché mette in scena gli elementi del dispositivo del cinema,
e lo fa con grandissima maestria senza dare l’idea di sovvertire. Mette in
scena apparentemente un classico thriller, ma sotto c’è una sottile riflessione
sul mondo del cinema: vengono inserite delle metafore della visione. Il primo
tema è un crimine che viene compiuto in un condominio, di cui è spettatore il
personaggio James Stewart. C’è un crimine, ma il tema sottostante è l’atto del
guardare: è il cinema stesso, perché questo personaggio è un fotografo che in
quel momento è fermo su una sedia a rotelle, chiuso in casa con la gamba
ingessata. Possiede una macchina fotografica e usa l’obiettivo come telescopio.
Per effetto dello zoom ottico il personaggio può vedere da lontano. C’è una
questione però ancora più sottile, questo personaggio che guarda, e che dal
momento che scopre questo omicidio diventa un guardare sempre più accanito, è
anche bloccato a sedere esattamente come lo spettatore. Ha un aiutante, la
fidanzata, che è interpretata da Grace Kelly, e la manda ad indagare. Il tutto
con forti scene di suspense. Il film è disseminato di riflessioni sulla visione
filmica e per questo la narrazione classica più la riflessione sullo sguardo
che il film innesta fa parlare di metalinguaggio. Ma c’è anche una riflessione
del cinema su di sé, quindi una visione metacinematografica.
Per primo Un sogno del ‘58 segna l’apice di questa
sperimentazione di Hitchcock inserita però nel cinema classico. Il sogno
rimanda alle avanguardie degli anni ’20. È un recupero di quelle visioni
“altre”, siamo nelle visioni del surrealismo. Inoltre, c’è un lavoro sulle
forme: la forma della spirale la ritroviamo anche nella pettinatura. E la
vertigine che ricorre.
Tornando
alla Finestra sul cortile, per quel
che riguarda le riflessioni sullo sguardo, abbiamo una scena in cui Grace Kelly
guarda in macchina. Sappiamo che questa è una violazione delle norme del cinema
classico. È una licenza poetica che Hitchcock, regista ormai affermato, può
permettersi.
Ma ce ne
sono tante altre di violazioni, le ritroviamo nel film Psyco, tutte incentrate
sul tema del doppio, sulla scissione della personalità. Sono gli elementi della
psicoanalisi, che caratterizzavano il cinema espressionista, che imperniano i racconti.
Qui, in Psyco, davvero è superato lo schema del cinema classico. Il film Psyco
fece veramente paura, mostrava un personaggio schizofrenico con una forte
scissione della personalità. Inoltre, il luogo all'inizio sembra un luogo
qualunque. Questo film è così conturbante perché mette in mostra momenti di
relax come momenti molto minacciosi.