Cari lettori di ogni dove, so già quante volte vi sarete detti anche voi, guardando certe opere d’arte: “ad averci pensato io, ora sarei ricco!”.
Prendiamo la Bicycle Wheel, di Marcel Duchamp
Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta,
1913
La domanda
è: “Si può considerare un’opera d’arte?” Senz’altro sì, anche se molti staranno
arricciando il naso. Il punto è guardare all’arte in un modo nuovo. Portare
l’arte fuori dal suo territorio, da quel territorio in cui l’arte vale solo in
quanto arte.
Duchamp
proponeva un modo di intendere l’arte “anti-callistico”, vale a dire contro
quell’adorazione feticistica di intendere l’opera d’arte. L’opera d’arte
reclama un modo nuovo di usare lo sguardo. M. Duchamp è un anti-emozionalista. Per
capirci: “riuscite ad emozionarvi davanti all’orinatoio rovesciato, che Duchamp
intitola Fontana? Il gesto duchampiano spiazza l’identità dell’opera d’arte
nell’epoca del dominio della tecnica.
Marcel Duchamp, Fontaine. 1917
Il filosofo
A. Danto davanti alle Brillo Box di
A. Warhol, alla Stable Gallery di New
York, sostiene che nell’epoca in cui è finito il dovere dell’arte di
rappresentare la realtà, le opere d’arte non hanno più la loro funzione
mimetica.
Il filosofo W.
Benjamin, nel testo L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, parla non semplicemente di
un’estensione del livello di fruibilità degli oggetti artistici nell’epoca del
cinema e della fotografia, nell’epoca del ready
made, non è semplicemente un’ingenua democratizzazione dell’arte, prima
privilegio di pochi. È un sovvertimento del ruolo sociale e del rapporto tra
arte e realtà. C’è una dilatazione della sfera tattile rispetto a quella
ottica. È il momento in cui l’originale retrocede a favore dell’esemplare in
serie, ovvero della “copia-opera”.
Andy Warhol, Brillo Box (Soap Pads), 1964
Episodio Le vacanze intelligenti con Alberto Sordi e Anna Longhi, del film collettivo Dove vai vacanza
Quindi non
resta che citare Alberto Sordi, nel film Le
vacanze intelligenti, nella famosa scena in cui la moglie Augusta
(l’attrice Anna Longhi), sedutasi su di una sedia, viene scambiata per un’opera
vivente e valutata addirittura per la cifra di 18 milioni di lire. E la chiosa
finale in cui Remo (Alberto Sordi) dice, riferendosi ai figli, espressione della
modernità: “…però lo vedi che alla fine l’hanno capito pure loro, però ci
devono arriva’ da soli. Lo vedi come so’ i giovani, rompono, sfasciano, buttano
quello che è vecchio, quello che è antico, poi piano piano s’accorgono da loro
che era meglio quello che ce stava prima”.
ELEONORA NATALUCCI
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