Come nasce PostaTiAmo?

PostaTiAmo nasce durante una cena.

Il nome è stato un gesto spontaneo, senza pensare, è bastato ascoltare il mio cuore. Desidero raccontare storie, aneddoti ed episodi del nostro paese e dedicare questo blog a tutte le persone che mi hanno accompagnato in questi 40 anni di vita nella nostra amata Posta...a loro insaputa sono dei personaggi in un'avventura meravigliosa.

GianMarco Danna

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giovedì 21 giugno 2018

DOV’È FINITA L’OPERA?



 Cari lettori di ogni dove, so già quante volte vi sarete detti anche voi, guardando certe opere d’arte: “ad averci pensato io, ora sarei ricco!”.

Prendiamo la Bicycle Wheel, di Marcel Duchamp


Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, 1913



La domanda è: “Si può considerare un’opera d’arte?” Senz’altro sì, anche se molti staranno arricciando il naso. Il punto è guardare all’arte in un modo nuovo. Portare l’arte fuori dal suo territorio, da quel territorio in cui l’arte vale solo in quanto arte.
Duchamp proponeva un modo di intendere l’arte “anti-callistico”, vale a dire contro quell’adorazione feticistica di intendere l’opera d’arte. L’opera d’arte reclama un modo nuovo di usare lo sguardo. M. Duchamp è un anti-emozionalista. Per capirci: “riuscite ad emozionarvi davanti all’orinatoio rovesciato, che Duchamp intitola Fontana? Il gesto duchampiano spiazza l’identità dell’opera d’arte nell’epoca del dominio della tecnica.






                                                                      Marcel Duchamp, Fontaine. 1917


Certo non è l’unico, pensiamo a come Andy Warhol riesce ad innalzare ad opera d’arte delle pagliette saponate.
Il filosofo A. Danto davanti alle Brillo Box di A. Warhol, alla Stable Gallery di New York, sostiene che nell’epoca in cui è finito il dovere dell’arte di rappresentare la realtà, le opere d’arte non hanno più la loro funzione mimetica.











Il filosofo W. Benjamin, nel testo L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, parla non semplicemente di un’estensione del livello di fruibilità degli oggetti artistici nell’epoca del cinema e della fotografia, nell’epoca del ready made, non è semplicemente un’ingenua democratizzazione dell’arte, prima privilegio di pochi. È un sovvertimento del ruolo sociale e del rapporto tra arte e realtà. C’è una dilatazione della sfera tattile rispetto a quella ottica. È il momento in cui l’originale retrocede a favore dell’esemplare in serie, ovvero della “copia-opera”.

Andy Warhol, Brillo Box (Soap Pads), 1964


                                         



Episodio Le vacanze intelligenti con Alberto Sordi e Anna Longhi, del film collettivo Dove vai vacanza




Quindi non resta che citare Alberto Sordi, nel film Le vacanze intelligenti, nella famosa scena in cui la moglie Augusta (l’attrice Anna Longhi), sedutasi su di una sedia, viene scambiata per un’opera vivente e valutata addirittura per la cifra di 18 milioni di lire. E la chiosa finale in cui Remo (Alberto Sordi) dice, riferendosi ai figli, espressione    della modernità: “…però lo vedi che alla fine l’hanno capito pure loro, però ci devono arriva’ da soli. Lo vedi come so’ i giovani, rompono, sfasciano, buttano quello che è vecchio, quello che è antico, poi piano piano s’accorgono da loro che era meglio quello che ce stava prima”.


                                                                                                                       ELEONORA NATALUCCI









giovedì 7 giugno 2018

IL DOMINIO SULLA NOSTRA VITA QUOTIDIANA

Vorrei partire con una domanda provocatoria. Quanti di noi sentono di avere strette nelle mani le redini della propria esistenza? Starete senzʼaltro pensando:” beh tutto sommato, costantemente, appronto il necessario per costruirmi un futuro e vivo al passo con i tempi” Bene, tutto giusto! Ma la seconda domanda allora è: “qual è il fine?” Voglio partire da un mito che viene dellʼantico mondo omerico, dellʼOdissea. Premettendo tra parentesi il fatto che i miti troppo spesso finiscono declassati a semplici narrazioni per ragazzi, o nella migliore delle ipotesi, a letture per sognatori, il mito è: Ulisse e le sirene: il canto delle sirene è così ammaliante, così coinvolgente, rapisce e trascina in unʼandata senza ritorno. Questo canto proviene, secondo lʼepisodio narrato da Omero da un gruppo di scogli a Sud della penisola di Sorrento, al largo delle Isole Sirenuse. È il canto che, secondo Cicerone, nellʼepopea omerica è una promessa di conoscenza: Odisseo non fu attratto dalla soavità del loro suono, ma dal desiderio insaziabile di apprendere (De finibus bonorum et malorum V, 18). Lʼuomo, che è lʼessere desiderante per eccellenza, vive di unʼesistenza volta alla costante ricerca di piacere, talvolta estremo, proprio come quello portato dal canto delle sirene. Ma Ulisse è un uomo e come tale è essenzialmente anche ragione, è un “animale razionale”. Progetta e sʼingegna; vuole ascoltare il canto delle sirene ad ogni costo, vuole godere di quel massimo piacere senza caderne vittima. Decide di farsi legare allʼalbero della nave e ordina ai suoi marinai che non venga slegato per nessun motivo al mondo. Neanche quando chiederà loro, supplichevole, di essere liberato. Ulisse è astuto, sa che perché tutto vada come deve andare solo lui potrà godere di questo privilegio e gli altri uomini dellʼequipaggio ne saranno tagliati fuori. Verrà versata della cera nelle orecchie di tutti i marinai e questi dovranno solo remare. Così questi, sordi e sottomessi remano. Qual è il significato profondo di questo mito? Senzʼaltro la condizione attuale della nostra società. Gli individui sono divisi in categorie delineate dalla logica del dominio. È il dominio dellʼuomo su se stesso e sugli altri uomini attraverso la ragione che non è più volta a raggiungere il fine comune di un mondo in cui tutti vincono, ma è una ragione che si è fatta strumentale. Lʼuomo attraverso la tecnica ha dominato la natura, ma è finito per essere inghiottito in una logica di dominio. È evidente che i marinai perdono la libertà e sono schiavi. I loro desideri sono repressi. Proprio come le classi medio-basse del mondo di oggi, vengono ridotti a macchina: devono solo remare. Ma allo stesso modo Ulisse, che possiamo far coincidere con lʼuomo borghese, il ricco capitano dʼindustria, è soggetto 7 repressione. Il punto è che la logica del dominio, che vede la sua massima espressione nel consumismo sfrenato, si proietta anche in forme di sottomissioni subdole e insidiose che inconsapevolmente ci rendono schiavi. Quando viviamo la nostra vita di tutti i giorni siamo perfettamente inseriti in una logica di dominio. Il potere, che non corrisponde necessariamente alla logica economica del “più ricco”, ci orienta nelle scelte e nelle decisioni della nostra esistenza. Allora vediamo esempi di rapporti di potere a scuola, quando andiamo alle Poste a pagare le bollette, quando viviamo una relazione dʼamore o di amicizia. Pensiamoci un attimo: in classe lʼinsegnante può non necessariamente essere più ricco dei suoi studenti, eppure senzʼaltro sarà il detentore del potere. Se ho sete, dopo una camminata al sole, colui che possiede una bottiglietta dʼacqua eserciterà su di noi il suo potere. Se attendiamo con ansia un messaggio da qualcuno che amiamo siamo sottomessi al suo potere. La lezione, che ci viene da queste pagine meravigliose di Horkheìmer e Adorno, ne La Dialettica dell’illuminismo, del 1947, da dove ho tratto la riflessione sul mito di Ulisse e le sirene, vuole affinare la nostra coscienza critica e smascherare la mistificazione che acceca gli occhi di una umanità che non sa dove andare e perché agisce. Voglio chiudere allora con una riflessione di un filosofo che fornisce una sua risposta etica nel testo Il principio responsabilità. Dice Hans Jonas:”L'imperativo dell'etica della responsabilità viene così formulato: "Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana".

ELEONORA NATALUCCI